SCARIOLO: PRESENTATA A BRESCIA LA SUA AUTOBIOGRAFIA.

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Un passaggio in città il giorno dopo la vittoria a Cremona della sua Virtus. L’occasione per stare con mamma Angelina e sua sorella Nadia, festeggiare la Santa Lucia e, perchè no, mettersi a giocare a briscolone con gli amici di sempre: Sergio Scariolo, l’eroe – sportivo s’intende – dei due mondi ha fatto tappa nella giornata di ieri a Brescia.

La sua Brescia. Quella che ha portato nel cuore e nell’anima con orgoglio in giro per il mondo. In Spagna, in Russia, in Canada, negli States: lui che è arrivato sul tetto del mondo della sua amata pallacanestro, non si dimentica delle origini.

E la sua visita bresciana è stata anche l’occasione per presentare presso la sala Libretti del Giornale di Brescia l’autobiografia scritta assieme a Paolo Frusca, bresciano trapiantato (o esiliato come si definisce) a Vienna, da sempre cultore di Scariolo e dalla cultura sportiva (oltre che storica) enciclopedica.

In un incontro aperto al pubblico e gremito, con l’aiuto di Gianluca Magro, caposervizio sport del Giornale di Brescia, Scariolo ha raccontato parte di quello che nel libro e nei suoi primi 40 anni di basket si è trovato di fronte, aiutato da Frusca, collegato via zoom dall’Austria.

“Uomo a tutto campo. Storie vincenti di un gestore di campioni”, edito da Baldini e Castoldi editore, racconta la vita di Scariolo, con un preambolo importante nella nostra città, prima dello scudetto di Pesaro, la panchina della Fortitudo e la conquista del mondo, cestistico.

Di seguito trovate alcuni dei passaggi del dialogo che “Don Sergio” ha avuto con un emozionatissimo Magro a partire dalla coincidenza di aver presentato il 13 dicembre, data della costituzione della fondazione intitolata al prof. Cesare Scariolo nel 2007 e nata per aiutare piccoli e famiglie con bambini con problemi oncologici, a cui saranno devoluti i proventi delle vendite del libro (18,00€)

La genesi del libro è un’idea di Gigio Gresta, nome che ai cultori del basket italiano ricorderà l’epopea di Jesi, giunta con l’allenatore marchigiano in serie A nei primi anni 2000, ma soprattutto amico e collega di Scariolo ai tempi dell’esperienza pesarese.

“Brescia ? E’ la mia città.  Il punto dove sai che c’è chi conta veramente. Il posto che mi ha insegnato che nella vita il talento non basta. E che Bisogna sudare, rimboccarsi le maniche. Sono grato alla mia città per questa”.

Il ricordo di un nome storico della pallacanestro bresciana ha fatto venire a tanti gli occhi lucidi in sala “Nel libro cito Il saluto a Beppe Belli, uno dei rivali di sempre. Ad un clinic, quando lui entrò, fermai la lezione per andarlo ad abbracciare”. Un gesto che ha colpito molto, soprattutto quando lo stesso Scariolo ha ricordato i tempi in cui il mitico Belli allenava i ragazzi della Fionda di Bagnolo ed il loro terribile campo da gioco.

“Sarò sempre grato agli avversari, e sono stato fortunato: nella vita ne ho sempre trovati di leali”.

Avversari e modelli a cui ispirarsi: “Sales – Riccardo un padre professionale. Bianchini – Valerio ha completato la mia formazione e Pesaro per me fu uno snodo nella carriera”. Ed in terra marchigiana arrivò su raccomandazione a Valter Scavolini: “Mi trovai a gestire uno dei settori giovanili più importanti d’Italia”.

Crescita esponenziale quella di Scariolo, che si trovò a sostituire il Vate Bianchini e a vincere lo scudetto con la “Scavo”, l’allenatore italiano più giovane di sempre. “Ho cercato di rubare – nel senso buono del termine, ndr – ed imparare ogni giorno”.

Sedere sulle due panchine di Bologna: non capita tutti i giorni di trovarsi di fronte un allenatore che ha allenato entrambe le formazioni bolognesi, oltretutto nella settimana che porta al derby.

“Non ho mai mancato di rispetto alla Virtus quando allenavo la Fortitudo.
É la settimana del derby, preferisco non parlarne anche perché chi parte sfavorito spesso vince.
Ho grande rispetto della Fortitudo e della sua tifoseria, non solo di quella allenata, anche di quella attuale”.

Bologna, la Spagna, di cui è ct. E lo sarà fino al 2024. Un bresciano che ha regalato i successi più belli agli iberici. Al punto da far propendere re Juan Carlos a fargli prendere la cittadinanza spagnola. “Non volevo perdere il mio status di italiano. Gli ho ricordato che lui era nato a Roma…Uscendo da una situazione non semplice”.

Club e nazionale: Doppio impegno. “Non è difficile, ma sicuramente è pesante. Organizzativamente non semplice, ma ho degli staff fantastici. Sicuramente la mia famiglia è molto sacrificata. In compenso i miei ragazzi hanno girato il mondo”.

Il giocatore – ma viene quasi inutile chiederglielo – per lui è uno solo: “Pau Gasol”. E si illuminano gli occhi di Scariolo a parlare del lungo spagnolo. Stesso effetto che fa a qualsiasi supporter di una delle franchigie Nba dove il catalano è passato.

America: ovviamente si finisce a parlare di quella esperienza: “L’Nba è stato un toccasana. Volevo tornare a occuparmi del gioco senza dovermi preoccupare di altro. Tre anni fantastici: mi é costato decidere e tornare, soprattutto per quello che lasciavo. Sapevo benissimo cosa avrei trovato a Bologna e ne sono contento e sono molto contento: ma lasciare quella certezza della perfezione dell’Nba mi riusciva molto difficile”.

Quanto è stato difficile scegliere di tornare in Italia?

“Unica notte di sonno persa negli ultimi 20 anni. Mai capitato, nemmeno per una finale. Dovevo prendere una decisione, e fu una notte in bianco. Il giorno dopo mi sono dato del cretino ripensandoci: c’erano tutti gli elementi per prendere quella decisione dormendo tranquillamente”

Anche questo è Scariolo, che la moglie Blanca ha aiutato a far capire come gestire i giocatori “stella”. Mai una parola fuori posto, Scariolo. Che non perde mai il filo della serietà, e che pretende tanto in campo, quanto fuori. Anche con i giornalisti (abbiamo imparato a conoscerlo un pò in questi anni). “Mi preoccupo di quello che sto facendo adesso, rispetto il lavoro dei miei colleghi”.

Non è un piacione, non fa moine o battute sulla classica domanda di un ritorno a Brescia, magari avanti negli anni.

“Spero in un futuro molto più tranquillo di quello odierno. E che a Brescia non serva un coach 90enne”.

Il futuro come per tutti è un ‘incognita, ma serena: “Sogni nel cassetto? Onestamente ho imparato a fare bene il mio, a limitare il mio orizzonte. Non ho mai avuto una squadra capace di vincere l’Eurolega: mi piacerebbe? Sì. Ma non é che non ci dormo la notte”.

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