ZAMBELLI: “LASCIO I CALCIO TRADITO MA DA INNAMORATO”

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Marco Zambelli lascia il calcio. A 35 anni l’esterno di Gavardo dice basta e non per volontà propria. Lo ha raccontato sulle colonne del Bresciaoggi. Questo qualche estratto.

Io non ho mai tradito me stesso e nessuno mi può togliere la credibilità costruita in tutti questi anni. Eppure il calcio sembra averle tolto più che dato.

C’era un accordo tra me e il presidente Pasini, tra gentiluomini dello stesso territorio, che conoscono uno la storia dell’altro. Se avessi raggiunto il 50 per cento delle presenze, avrei rinnovato per un altro anno. A un certo punto inizia a dirmi: non so se rientri nel progetto tecnico, che allenatore verrà, dobbiamo far giocare i giovani. Gli rispondo: presidente, non ci sono problemi, non metto il muso se gioco meno. E avrei rivisto la parte economica.

L’anno scorso avevo fatto tutto con lui. Invece, poi, è stato il direttore sportivo a dirmi che non c’era più posto per me. Capite? L’ultimo arrivato, chiamato per tagliare teste. Mi sono sentito tradito da una persona di cui avevo fiducia, ero convinto che avrebbe mantenuto la parola. Mi hanno proposto 2 anni da dirigente. Ci ho pensato una notte, ma sapevo già cosa rispondere.

Continuare tra i dilettanti? No, da gennaio a giugno sarò impegnato in un Master a Parma proposto dall’Aic, mi occuperebbe tutti i giorni dalle 5 alle 6. Da quando ho fatto un corso di segreteria amministrativa, la mia testa è concentrata su altro.

Quando ho firmato l’anno scorso, in quella stanza c’erano altre persone, tutte orgogliose del fatto che indossassi la loro maglia. Nessuno che abbia detto: ci stiamo comportando male con Zambelli. E non è vero che mi sono impuntato sul voler giocare, nessuno a Salò si è assunto la responsabilità di dire la verità. Non è il mondo del calcio a essere sbagliato, ma le persone che ci lavorano.

Perché son rimasto a Brescia? Essere il capitano qua, sentirmi importante: stavo bene a non essere uno dei tanti. Poi sono andato via, a Empoli ho fatto pure 2 anni di A ma ho sempre trovato meno spazio, la mia carriera è cambiata. Sono sempre stato un professionista serio, non ho mai giocato camminando, ma devo affezionarmi alla causa.

A Brescia era terminato un ciclo, sarà per papà Gino che non c’era più. Ho lasciato giù 3 anni di contratto a 250 mila euro netti: soldi che non ho più recuperato. Dal mio addio sono passati 5 anni e ora sono tornato a trepidare per il Brescia.

Quanto è stata dura dover lasciare Brescia? Nel 2014, un anno prima del mio addio, ho iniziato un percorso psicologico che continua tuttora. Una fortuna averlo iniziato prima, quando ho deciso di andare via ero preparato. La mia carriera è lo specchio del Brescia: tanta sofferenza.

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