BOTTURI-MANTOVA: ADDIO GROTTESCO, MA IL PESCE PUZZA DALLA TESTA

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CAPRO ESPIATORIO DI UN FALLIMENTO SPORTIVO CON NUMEROSI PROTAGONISTI, PAGA LUI PER TUTTI MA QUESTO E’ IL CALCIO

L’esonero di Christian Botturi dal ruolo di direttore sportivo del Mantova 1911 lascia l’amaro in bocca. Una decisione che sa tanto di capro espiatorio, di quelle prese per placare il malcontento di una piazza delusa, ma che non affrontano davvero le cause profonde del momento negativo.
Perché se oggi Mantova è tornata nel calcio che conta, gran parte del merito è proprio di Botturi.


Dalla rinascita alla Serie B: il percorso di un direttore che ha ricostruito Mantova

Quando Botturi arrivò in riva al Mincio, il Mantova era una società spenta, reduce da anni di anonimato e delusioni. In due stagioni, l’ex dirigente della Pro Sesto e del Brescia Calcio ha saputo ridare dignità, organizzazione e credibilità a un club che sembrava aver perso la bussola.
Ha costruito una squadra solida, guidata da idee chiare e da una visione precisa. E i risultati sono arrivati: una promozione in Serie B dopo 14 anni d’assenza, il ritorno dell’entusiasmo al Martelli, la crescita di un ambiente nuovamente orgoglioso dei propri colori.

Ma non solo campo: sotto la sua direzione è nato un progetto più ampio. Botturi ha creduto nelle strutture, nel settore giovanile, nella professionalizzazione del club. È stato uno dei fautori del nuovo centro sportivo, simbolo tangibile di una società che tornava a respirare aria di calcio vero.


La proprietà sceglie la via più facile

Eppure, nel momento in cui la squadra attraversa il primo vero periodo di difficoltà, la società sceglie la strada più breve: scaricare tutte le responsabilità sul direttore sportivo.
Un copione visto e rivisto nel calcio italiano: si taglia la testa visibile, mentre chi prende le decisioni strategiche resta nell’ombra.

La nota ufficiale del club parla di “ringraziamento per gli straordinari risultati conseguiti in questi due anni e mezzo”. E allora, se i risultati sono stati straordinari, perché interrompere il rapporto? La sensazione è che la proprietà abbia voluto mandare un segnale alla piazza, ma lo ha fatto nella direzione sbagliata.
Perché, se qualcosa non ha funzionato, le responsabilità non possono essere attribuite a chi ha costruito da zero un progetto vincente.

A rendere ancor più assurda questa situazione è la conferma di Davide Possanzini, senza nulla togliere a Re David al quale siamo legati, ma portato da Botturi al Mantova. Questo alla luce del diverbio avuto con la tribuna a fine gara contro il Catanzaro e di una gestione delle risorse aspramente criticata dai tifosi e dal presidente stesso.

E poi: quando si esonera in direttore sportivo, che ha portato un allenatore, non si cambiano entrambi?


Da Brescia a Mantova: il valore di un dirigente vero

Botturi non è un improvvisato. Prima dell’esperienza virgiliana, aveva già lasciato ottimi ricordi al Brescia Calcio, dove aveva plasmato un settore giovanile di alto livello. Con il suo addio, quell’area è progressivamente caduta in disordine, fino a sfiorare la dissoluzione dopo le scelte del presidente Cellino.
Anche alla Pro Sesto ha mostrato competenza, portando risultati con budget limitati e una filosofia di calcio sostenibile.

In ogni piazza ha lasciato serietà, lavoro e risultati. È difficile trovare, nel calcio italiano, dirigenti che sappiano unire visione tecnica e capacità di costruire identità.


L’auspicio: un nuovo inizio, magari a Brescia

Per Christian Botturi si chiude un capitolo importante, ma non certo la carriera. Si tratta di un dirigente preparato, equilibrato e moderno. Il calcio italiano avrebbe tutto da guadagnare dal suo ritorno.
Chi sa costruire, unire e dare forma a progetti duraturi non dovrebbe mai restare senza panchina, o meglio, senza scrivania. Magari, chissà, un giorno all’Union Brescia per un grande ritorno.

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